Infermità mentale grave. Cosa si deve applicare? L’amministrazione di sostegno o l’interdizione? Il caso: una signora milanese decideva di chiedere l’interdizione giudiziale del fratello, al quale era stato diagnosticato un ritardo mentale che di fatto limitava la sua l’autonomia e comprometteva la qualità di vita da un punto di vista relazionale. Tant’è che il fratello era già stato dichiarato non autosufficiente ai fini del riconoscimento della invalidità totale permanente.
Il Tribunale di Rieti, chiamato a decidere sul ricorso presentato dalla signora milanese, riteneva, innanzitutto, che il ritardo mentale diagnosticato al fratello non era così grave da ricorrere alla interdizione (provvedimento emesso per le persone affette da abituale infermità di mente tale da renderle incapaci di provvedere ai propri interessi) ma che vi fossero, invece, i presupposti per la nomina di un amministratore di sostegno in modo tale da consentire all’amministrato di mantenere la propria capacità di agire seppur limitata. Il Tribunale rilevava, comunque, che ancorché fosse stata rilevato un grave ritardo mentale, questo non è l’unico presupposto per dichiarare l’interdizione di un incapace, dovendosi anche tenere in debita considerazione la sua patrimonialità; con la conseguenza che, accertata la eventuale grave infermità, l’interdizione sarà preferibile alla amministrazione di sostegno solamente nel caso in cui emerga un’articolata attività di gestione del patrimonio. Se invece, come nel caso di specie, l’incapace risulta privo di un patrimonio consistente (il fratello era solo titolare di un conto corrente) appare più che adeguato l’istituto dell’amministrazione di sostegno, in quanto sufficiente per tutelare la persona incapace e il suo patrimonio.
Il Tribunale, quindi, rigettava il ricorso e nominava un amministratore di sostegno per il fratello della signora milanese.